La Storia

Mio figlio ha sempre saltato, nelle riprese della mia prima ecografia saltava e da allora non ha mai smesso… oggi ha ventidue anni – ed è stato un sollievo sapere che ciò che lui ha fatto sempre per istinto, veniva definito da qualcun altro ‘disciplina’: ‘Le Parkour or l’art du déplacement’. Essendo stata madre di un bimbo ipercinetico, non mi restava altra scelta per sopravvivere al Parkour che abbracciarne la filosofia. Navigammo in internet insieme, esplorammo strani paesaggi urbani alla ricerca di traceur, e quando finalmente li incontrammo, ci siamo lasciati catturare.

Tutto è stato un susseguirsi di meravigliose esperienze e scoperte finché un giorno, all’improvviso il Parkour ha preso la forma di un lutto imprevedibile; la morte ha stracciato il velo dell’onnipotenza e il gioco si è arrestato per sempre.

Ho cominciato ad investigare cosa c’è dietro il fascino per tutto ciò, dietro questa idea della fuga che cattura abbastanza bene il senso del movimento. Infatti questa è la forma di movimento che i nostri antenati probabilmente usavano nella caccia per il cibo, o per sfuggire ai predatori nelle savane d’Africa. C’è sicuramente una componente ancestrale in esso. Nell’adattarsi istantaneamente a tutto ciò che si presenta all’improvviso senza anteporre un pensiero razionale, nel fluire sopra o intorno agli ostacoli. É forse il riemergere e l’affinarsi di un antico istinto primordiale che lo rende così attraente?

Ho chiesto aiuto alla scienza, interrogando un Biologo dell’Evoluzione per quietare le mie ansie di responsabilità materna, abbracciando la teoria dello sviluppo del cervello in età puberale del Professor Bainbridge dell’Università di Cambridge.

Perché la mia percezione è differente da quella delle persone più anziane che vedono nei traceur solo un branco di pericolosi e irrispettosi pazzi scatenati? Perché il giudizio dei passanti spinge a reclamare a gran voce l’intervento della polizia? ‘Gatto’ sta combattendo la sua battaglia in tribunale per ottenere pubblico riconoscimento alla sua filosofia di ‘free runner’. Il paradosso è che lui lo fa per rendere il parkour comprensibile alla gente, ma vuole tenerne sua madre all’oscuro… “lei non capirebbe”, mi dice…

Ognuno nel mondo adatta i principi universali del Parkour alle situazioni peculiari che si trova a vivere e ognuno oggettivizza una disciplina universale, il film racconta quindi come ciascuno lo piegherà a suo uso e consumo da Hong Kong a Gaza da Liverpool a Bologna.

Mentre la madre viaggia per il mondo per trovare risposte alle sue domande esistenziali sulla responsabilità educativa, il figlio – grazie al Parkour – raggiungerà la propria libertà ed indipendenza. E sarà questo il suo più grande traguardo conquistato nel lasciare andare.

Apprendere a lasciarli andare è un passaggio fondamentale dell’essere donna, madre, fidanzata. Come adulti comprendere che ciò che realmente ci disturba, non è la paura, ma la consapevolezza che tra trent’anni il mondo sarà nelle loro mani e non potremo più fare nulla per controllarlo.

Serena Mignani

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